| CHI TENE O' MARE |

2003

Per salire al cielo

E’ il Poeta … è chi coglie i principi generali e gioca col molteplice… come il mare e le sue onde, nel suo moto vario e perenne al contempo, la sua vita è immersa nelle verità più alte, eppure circostanziali...malinconico entusiasta veggente, che vive a “medio mar y cerca del crepùsculo” s’accorge e senza tregua parla, lotta, piange, suona e... al mare poi ritorna, perché sa che la sua vita è un guizzo del sé, un’increspatura di luce in un tutto più vasto: l’Unità dell’Oceano.

Un omaggio a tre poeti riuniti questa volta in un contesto diverso, quello teatrale, che hanno saputo cantare il Vero Senso del Mare: Pino Daniele, Massimo Troisi e Pablo Neruda, e dell’immensa ricchezza e forza lì percepita, ce ne hanno fatto generoso dono.
Cuantas cosas, Cuantas cosas...per la donna che racchiude in sè la danza “dos alas, un violin”, il canto e tante cose infinite, non ancora nominate.

LA PROPOSTA SCENICA

In spagnolo, napoletano, italiano, in un intersecarsi ritmico di musica, parole, suono, silenzi, fluida e suggestiva del senso... jamais leggii o stasi in scena... é Teatro, ed è Mare. Il Mare e Colui che lo possiede, è perdita del sé individuale, è coscienza dell’universale, ed è in grado di dar poesia, perché intuisce e riferisce principi generali, universali.
Malinconico, a volte dolorosamente consapevole distacco dal sé presente e dagli accadimenti, accoglie, contempla e abbraccia il gran Mare, la Vita, l’incessante moto dove ogni piccola onda guizza instabile, e nella gioia del non possesso è “fesso e cuntent”, ché ogni forma di possesso è di per sé prigione, e si lancia a godere la vita dalle sue innumerevoli prospettive.

Le immagini della goccia di rugiada o dei fiumi che raggiungono il mare verso cui naturalmente tendono, si ritrovano con parole quasi uguali nelle tradizioni e culture mondiali:
“L’incessante fiume di vita che sempre scorre” (Pitagorici).
Nel Buddismo il Mare è il simbolo del Nirvana “La goccia di rugiada scivola nel mare luminoso, fine ultimo e beatifico dell’uomo”.
In Dante “nostra pace: ell’è quel mare al quale tutto muove” (Paradiso III, 85-86).
Nelle Upanisad “Questi fiumi tendono verso il mare e quando lo raggiungono sono a casa, e non si parla più che di Mare” e non sono più ‘Io sono Questo’ ‘Io sono Quello’, una volta lì non hanno più caratteri differenti, né sono distinguibili l’uno dall’altro”. Opposizione e somiglianza appartengono alle onde, non al mare.
“Non c’è crimine peggiore della tua esistenza” (Rumi), il che non rappresenta annichilimento, ma l’immergersi nella verità più alta.
La morte del sé, la mèta finale, la liberazione da tutte le limitazioni dell’individualità operanti nel tempo e nello spazio per abbracciare il Mondo e goderne appieno.

Assimilato spesso all’Amore nelle tradizioni “L’Amore è il mare dell’inesistenza”, “Che cos’è l’Amore? Lo saprai quando diverrai Me” (Jalal od-din Rumi), perché l’Amore fa sperimentare il gusto dell’eternità nell’uscire da sé, nel perdersi, Sinergia Relazionale illimitata ed immensa.